Ginocchio

Radiologia Funzionale per Osteopati e Fisioterapisti

Gli approfondimenti

La prevalenza di tessuto adiposo e grasso rispetto al tessuto muscolare impedisce una gestione efficiente dell’equilibrio fine di varie posizioni di tenuta del ginocchio.

Lo stress derivato innalza inutilmente il tono posturale, e la fatica conseguente porta a un repentino scadimento delle performance toniche.

A lungo andare la risposta di stabilità si trasferisce eccessivamente sull’apparato capsulo-legamentoso, usurandolo ed esponendolo a sollecitazione traumatiche ripetute.

Una capacità di lettura ulteriore dona all’Osteopata la possibilità di estrarre informazioni preziose per la diagnosi disfunzionale e le scelte terapeutiche opportune.

Trovi la risposta qui sotto!

1. L’instabilità aumenta lo stress compensativo, richiamando tono; il conseguente peggioramento del delta pressorio intra-extra articolare determina una iperpressione compartimentale, a scapito della cartilagine meniscale prima, e della cartilagine ialina tibiale poi, fino ad arrivare a chiari segni di sclerosi subcondrale.

2. L’eccesso adiposo, oltre ad aggravare il carico, determina la formazione di un contenitore anelastico inibente le deformazioni fisiologiche del tessuto contrattile. Così il severo aumento delle resistenze periferiche causa non solo una IAE, ma anche un aumento dell’attività dei barocettori distribuiti a livello muscolare. Questo altera l’integrazione centrale e, di conseguenza, la modulazione del lavoro muscolare; da qui la difficoltà nel controllo fine e di seguito l’instabilità. Il paziente riferisce un senso continuo di fasciatura, di facile affaticamento, di attività fremente senza riposo.

3. La qualità del tessuto muscolare, scarsa in questo caso, con massiva sostituzione adiposa delle unità contrattili, prefigura l’efficienza della funzione del muscolo stesso: meno unità neuromuscolari a disposizione, minor forza e minima capacità di modulazione del reclutamento. Da qui l’instabilità.

4. La retrolistesi dell’emipiatto tibiale rispetto al condilo femorale può essere l’effetto di un recurvatum prolungato, alla ricerca inconsapevole di una stabilità che l’equilibrio dinamico delle catene miofasciali non può garantire appieno. Da qui lo stress del crocevia legamentoso e la progressiva fragilità del sistema, legata alla riduzione drastica della riserva compensatoria statica.

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